di Alessandra Muglia

New Delhi ha iniziato a trattare con Washington ben prima del «Liberation Day»: in ballo un accordo commerciale di ampio respiro. Anche l'Ue chiede al governo di Modi di togliere le tariffe sull’import di auto

Se la Cina risponde a muso duro minacciando contro-dazi alla furia protezionista di Trump, l’altra grande potenza asiatica, l’India, tace, non reagisce. Nessuna dichiarazione dal governo di New Delhi, nemmeno dopo l’ultimo annuncio di tariffe extra del 26%, in vigore da domani, che si aggiungono ai dazi di base del 10%. 

Non che il contraccolpo di questo terremoto non sia stato avvertito anche qui: ieri i mercati hanno ceduto terreno colpiti dai timori per i rischi di una guerra commerciale globale, con i due principali indici azionari indiani crollati del 5% ciascuno, ai minimi degli ultimi 9 mesi. 

Il fatto è che il governo nazionalista di New Delhi sta cercando una «via indiana» per limitare gli effetti devastanti di questo attacco alla globalizzazione. Non solo: punta a addirittura a trasformarla in un’opportunità per rilanciare la produzione nazionale. 

Tutt’altro che una missione impossibile visto che New Delhi e Washington stanno definendo i dettagli di un accordo commerciale bilaterale di ampio respiro, l’Us-India compact, già annunciato a febbraio, durante la visita alla Casa Bianca di Modi, che si era precipitato da Trump a pochi giorni dal suo insediamento, uno dei primi leader mondiali a incontrarlo da neo presidente bis. In quell’occasione era emersa la volontà americana di ribilanciare lo squilibrio commerciale tra i due Paesi, con un deficit Usa stimato intorno ai 46 miliardi di dollari. E i due leader si erano lasciati con l’impegno di avviare entro l’autunno di quest’anno la prima tranche dell’accordo. 

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Malgrado questa premessa, per forzare i tempi, nel «Liberation day» Donald Trump ha annunciato nuove misure anche contro l’India, chiarendo che nonostante Modi sia «un grande amico», il suo Paese «non trattava bene» gli Stati Uniti. Così New Delhi ha scelto di proseguire per la via diplomatica: nell’ultima settimana più volte il ministero del Commercio indiano ha ripetuto che le due parti stanno «attivamente trattando» per chiudere l’accordo il prima possibile. 

Del resto l’intesa avvantaggerebbe New Delhi anche nell’attirare nuovi investimenti stranieri: delocalizzare in India diventerebbe più conveniente rispetto ai competitor della regione alle prese con dazi maggiori, dalla Cina (34%) al Bangladesh (37%), dallo Sri Lanka (44%) a Vietnam (46%) e Thailandia (37%). 

L’India sta trattando anche con la Ue, che chiede zero dazi sull’import di auto nell’ambito di un accordo commerciale in sospeso da tempo. Il governo di Modi sarebbe disposto ad andare incontro all’Unione e ridurre gradualmente i dazi al 10% da oltre il 100% attuale, secondo fonti citate da Reuters. Questo nonostante la contrarietà del settore industriale indiano che esige che venga mantenuto un dazio di almeno il 30% e non siano  modificate le tariffe sull'importazione di veicoli elettrici per altri quattro anni.

8 aprile 2025 ( modifica il 8 aprile 2025 | 14:44)

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La «via indiana» contro i dazi di Trump: zero ritorsioni e trattative a oltranza | Corriere.it


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