I due paesi di nuovo ai ferri corti: la contesa riguarda lo sbocco sul Mar Rosso, tanto agognato da Addis Abeba. L’intreccio delle possibili alleanze coinvolge, oltre alle regioni etiopiche, anche Sudan, Emirati e Egitto. Mentre Sud Sudan e Uganda osservano attentamente per capire da che parte stare
In Africa si sta preparando una nuova grande guerra? Qualcuno lo teme e vede l’epicentro nel Corno, tra Etiopia e Eritrea. Tra il 1998 e il 2000 ci fu già un conflitto tra i due paesi al tempo del premier etiopico Meles Zenawi e di Isaias Afewerki, tutt’ora presidente dell’Eritrea.
La pace definitiva tra i due è avvenuta solo nel 2018 quando Afewerki e il nuovo primo ministro etiopico Abiy Ahmed si sono riabbracciati. La rinnovata alleanza tra Addis e Asmara permise all’esercito di Addis di rispondere alla sfida del fronte tigrino che non accettava il nuovo corso unitario del paese voluto da Abiy.
Una nuova guerra (questa volta interna) esplode tra il 2020 e il 2022, tragicamente letale e cruenta, terminata solo con la resa dei tigrini che provavano ad opporsi alla fine del sistema federale dell’epoca Zenawi, durato 27 anni. Abiy Ahmed ha aperto il paese cambiando la Costituzione ma anche creando dissapori soprattutto in Tigray.
L’esercito eritreo collaborò attivamente con Abiy contro i cugini tigrini (presi così a tenaglia) e supportando la vittoriosa controffensiva etiopica. Ma l’amicizia tra Addis e Asmara non è durata: Eritrea e Etiopia sono tornate ostili, addirittura spartendosi le simpatie dei tigrini, anche loro ormai divisi. Dalla parte di Addis si schiera Getachew Reda, governatore della regione, nominato dalla capitale. Alleato di Asmara è invece il segretario del fronte tigrino Debretsion Gebremichael, una volta acerrimo nemico.
Le autorità etiopiche smentiscono che si sia vicini ad un nuovo conflitto anche se le ambasciate occidentali lanciano continui avvisi ai propri concittadini per metterli in guardia. In realtà il paese non è in pace da tempo: persiste un’endemica belligeranza contro le organizzazioni ribelli oromo ma soprattutto si è rotta la vecchia alleanza tra Abiy Ahmed e gli amhara, altri alleati nella guerra contro i tigrini.
Da mesi le milizie amhara (Fano) combattono contro il governo centrale, soprattutto a causa del dissenso sul ridisegno dei confini amministrativi interni (ci si disputa tra l’altro il controllo del Wolkeyt, anche denominato Tigray occidentale, che gli amhara considerano loro).
Sembra che la politica unitaria del premier non trovi il consenso delle varie nazionalità, molto competitive nella delimitazione dei territori e delle regioni. Il timore degli osservatori e degli esperti di cose etiopiche è che le due parti (Etiopia più parte dei tigrini contro Eritrea più l’altra metà) scontrandosi apertamente provochino un contagio del conflitto a livello regionale.
Nella nuova guerra sarebbero trascinate le milizie ribelli sudanesi delle Rapid Support Forces (Rsf, schierate con Abiy), esse stesse già in guerra con l’esercito nazionale sudanese (Saf) alleato dell’Eritrea. Avverrebbe cioè la saldatura tra due conflitti che già coinvolgono gli Emirati arabi uniti (da parte Rsf) e l’Egitto (da parte Saf).
Tra l’altro il Cairo ha un vecchio contenzioso aperto con Addis sulla questione delle acque del Nilo e del Grand Renaissance Dam, la gigantesca diga costruita da Salini. A completare il quadro vi sarebbero le milizie Fano amhara a sostegno di Asmara, in funzione anti Abiy. Il Sud Sudan confinante, in preda ad una endemica crisi interna, rimarrebbe a metà strada, avendo interesse a commerciare in petrolio con le Saf ma anche a non compromettere le nuove relazioni tenute sin qui con le Rsf grazie all’Uganda, che protegge con le sue truppe il presidente sud sudanese Salva Kiir.
Come si vede, si tratta di un groviglio micidiale in cui pochi riescono a mettere le mani e che pare preoccupare solo la chiesa cattolica ed era nel cuore di papa Francesco. Nella disputa tra Eritrea e Etiopia il contenzioso più grave riguarda lo sbocco etiopico sul Mar Rosso.
All’inizio del 2024 Addis aveva tentato un accordo con il Somaliland, una delle entità regionali in cui è divisa da anni la Somalia (non riconosciuto a livello internazionale), che prevedeva la costruzione di un’asse stradale tra Dire Dawa a Berbera sul Mar Rosso, passando per il capoluogo Hargeisa. Si tratta di circa 480 chilometri per i quali oggi sono necessarie quasi 10 ore.
L’idea etiopica era di costruire un nuovo corridoio per il tanto agognato sbocco al mare ma l’opposizione delle altre regioni somale e, soprattutto, il conflitto interno al Somaliland hanno insabbiato il progetto. Ora Asmara teme che l’Etiopia ricominci a spingere per ottenere Assab in Eritrea, anche usando la forza.
Per questo Afewerki ha chiesto al principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman la riattivazione urgente del Consiglio del Mar Rosso (di cui fanno parte anche Sudan, Gibuti, Somalia, Egitto, Yemen e Giordania ma non Addis) per far fronte comune alle pretese etiopiche.
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