L’opposizione avverso un decreto ingiuntivo inesistente perché non notificato è ammissibile solo in presenza di un interesse giuridicamente rilevante - Euroconference Legal


The admissibility of opposing a non-existent injunction decree due to lack of notification hinges on the debtor's demonstrable legally relevant interest.
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Cass. civ., sez. I, 28 febbraio 2025, n. 5361 – Pres. Mercolino – Rel. Reggiani

Decreto ingiuntivo – Notificazione inesistente – Inefficacia del decreto ingiuntivo – Sussistenza – Accertamento – Opposizione ex art. 645 c.p.c. – Ammissibilità – Condizioni

Massima: “In caso di notifica inesistente del decreto ingiuntivo, è legittimamente proposta, anziché il ricorso ex art. 188 disp. att. c.p.c., una opposizione ex art. 645 c.p.c., quando vi sia contestazione sul credito fatto valere, poiché l’opposizione costituisce l’atto introduttivo del giudizio con cui viene sollecitata la pronuncia giurisdizionale in ordine alla sussistenza della pretesa, purché sia ravvisabile un interesse giuridicamente rilevante del debitore all’accertamento giudiziale richiesto”.

CASO

Dopo avere ottenuto un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, il creditore ne tentava la notifica al debitore, che, tuttavia, non si perfezionava nel termine perentorio di sessanta giorni previsto dall’art. 644 c.p.c.

A quel punto, il creditore proponeva un secondo ricorso monitorio avanti al Tribunale di Torino, specificando che si trattava della riproposizione della domanda già svolta innanzi al Tribunale di Milano per il medesimo credito.

Andata a buon fine la notifica del decreto ingiuntivo emesso in accoglimento del secondo ricorso, il debitore proponeva opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. sia avverso il primo decreto ingiuntivo (innanzi al Tribunale di Milano), affinché ne fosse dichiarata l’inefficacia, sia avverso il secondo (avanti al Tribunale di Torino).

Nonostante il creditore, costituendosi nel giudizio di opposizione, avesse eccepito la carenza di interesse ad agire del debitore, avendo manifestato la volontà di rinunciare al primo decreto ingiuntivo con la proposizione del secondo ricorso monitorio, il Tribunale di Milano accoglieva l’opposizione, con sentenza confermata all’esito del giudizio di appello.

La pronuncia di secondo grado veniva, quindi, impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il debitore è legittimato a proporre opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo inesistente perché non notificato nel termine perentorio di sessanta giorni dalla sua pronuncia, anziché promuovere il ricorso di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c. affinché ne sia dichiarata l’inefficacia, solo se abbia un interesse giuridicamente rilevante all’accertamento dell’insussistenza della pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, che non è ravvisabile quando il creditore abbia già manifestato la volontà di rinunciare al decreto ingiuntivo.

QUESTIONI

[1] Il procedimento monitorio si articola in diversi passaggi rigorosamente scanditi dal legislatore:

  • a seguito della proposizione del ricorso, il giudice, se ritiene fondata la domanda, emette decreto ingiuntivo entro i successivi trenta giorni (art. 641 c.p.c.);
  • entro sessanta giorni dalla pronuncia, il decreto ingiuntivo dev’essere notificato al debitore, a pena d’inefficacia (art. 644 c.p.c.);
  • entro quaranta giorni dalla notifica, il debitore può proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.), che, altrimenti, viene dichiarato dallo stesso giudice che lo ha emesso definitivo (acquisendo così valenza di giudicato) e, se non già munito della clausola di provvisoria esecutorietà, esecutivo, costituendo titolo per l’avvio dell’esecuzione forzata (art. 647 c.p.c.);
  • qualora, peraltro, il debitore sostenga di non avere avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo per irregolarità della notificazione, ovvero per caso fortuito o forza maggiore, può proporre opposizione anche una volta che sia scaduto il termine di quaranta giorni prescritto dall’art. 645 c.p.c. (art. 650 c.p.c.);
  • nel caso in cui, invece, la notifica del decreto ingiuntivo sia mancata o debba essere considerata inesistente, il debitore può chiedere al giudice che ha emesso il provvedimento monitorio di dichiararlo inefficace ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c., al limite anche proponendo una domanda autonoma (come espressamente consentito dall’ultimo comma della succitata disposizione).

La giurisprudenza si è fatta carico di precisare quando può ricorrersi allo speciale procedimento delineato dall’art. 188 disp. att. c.p.c., affermando che esso è esperibile solo se la notificazione del decreto ingiuntivo è inesistente (perché non è stata eseguita o perché non è stata portata a termine, ovvero perché deve considerarsi viziata da inesistenza giuridica), ma non nel caso in cui la notificazione sia stata portata a termine, sia pure tardivamente, o sia viziata da nullità.

Sulla distinzione tra nullità e inesistenza della notificazione sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di cassazione, che, con la sentenza n. 14916 del 20 luglio 2016, hanno affermato che l’inesistenza è configurabile solo quando venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere un atto qualificabile come notificazione (identificabili, da un lato, in un’attività di trasmissione svolta da un soggetto dotato – in base alla legge – della possibilità giuridica di compierla e, dall’altro lato, nella consegna, intesa come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento e da reputarsi, dunque, esclusa solo quando l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente), mentre ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade nella categoria della nullità.

Pertanto, qualora il creditore provveda alla rituale notificazione del decreto ingiuntivo, ancorché dopo il decorso del termine d’efficacia fissato dall’art 644 c.p.c., le ragioni del debitore, comprese quelle relative all’inefficacia del titolo prevista dalla citata norma, possono essere fatte valere solo attraverso l’ordinaria opposizione da esperirsi nel termine di quaranta giorni fissato dalla legge, non potendosi ricorrere agli strumenti previsti dall’art. 188 disp. att. c.p.c. (ricorso per la declaratoria d’inefficacia del decreto) e dall’art. 650 c.p.c. (opposizione tardiva), i quali presuppongono, rispettivamente, la mancanza o la giuridica inesistenza della notificazione del decreto e il difetto di tempestiva conoscenza del decreto stesso per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.

Ciò non toglie che, anche in caso di notifica inesistente, il debitore possa proporre opposizione ordinaria, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., come accaduto nella fattispecie esaminata dall’ordinanza che si annota.

Un tanto, tuttavia, presuppone che il debitore abbia uno specifico interesse all’accertamento dell’inesistenza del credito fatto valere in via monitoria, visto che l’opposizione costituisce l’atto introduttivo di un giudizio che non ha natura eminentemente impugnatoria (non essendo volto alla mera rimozione dalla realtà giuridica del decreto ingiuntivo opposto), ma coinvolge l’esistenza stessa della pretesa fatta valere, esitando in una pronuncia giurisdizionale in ordine alla sua sussistenza o meno.

Così, se un decreto ingiuntivo è da considerarsi inesistente perché ne è mancata la tempestiva notificazione, il debitore, mentre potrà senz’altro chiedere che ne venga dichiarata l’inefficacia con lo speciale procedimento di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c., potrà introdurre un’ordinaria opposizione ex art. 645 c.p.c. solo in quanto, nonostante l’inefficacia del decreto ingiuntivo, residui incertezza in ordine alla volontà del creditore di avvalersene.

Infatti, in applicazione della regola generale dettata dall’art. 100 c.p.c., chiunque proponga una domanda deve avere un interesse giuridicamente rilevante, ossia concreto e attuale, che non è ravvisabile quando il ricorso alla giurisdizione sia finalizzato alla soluzione soltanto in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche: occorre, cioè, essere in presenza di una situazione concretamente lesiva, rispetto alla quale soltanto l’intervento del giudice consente di evitare che si traduca in un danno.

Solo così può individuarsi un risultato utile giuridicamente apprezzabile che attesti l’esistenza di un interesse idoneo a sorreggere la domanda, a maggior ragione se volta all’accertamento negativo di un diritto, postulandosi come necessario, in questo caso, l’avvenuto compimento di un atto di esercizio, rivendicazione o seria manifestazione di vitalità del diritto della cui inesistenza si invoca la declaratoria.

Facendo applicazione di tali principi, i giudici di legittimità, nel caso di specie, hanno ritenuto determinante la circostanza per cui il creditore, nel secondo ricorso monitorio, aveva chiaramente manifestato la volontà di rinunciare al decreto ingiuntivo già emesso dal Tribunale di Milano, ma divenuto inefficace per effetto del mancato perfezionamento della sua notifica al debitore, dichiarando di riproporre la medesima domanda monitoria già precedentemente svolta, proprio perché il provvedimento che l’aveva accolta era divenuto inefficace; inoltre, era stato lo stesso debitore opponente a dedurre di non avere ricevuto alcuna notifica del primo decreto ingiuntivo, di cui era venuto a conoscenza solo in conseguenza della notificazione del secondo, avendo appreso, dalla lettura del relativo ricorso, dell’emissione di un precedente provvedimento monitorio da parte del Tribunale di Milano.

In altre parole, l’assenza di incertezza – vuoi per effetto dell’applicazione delle norme di legge, vuoi per la stessa condotta processuale tenuta dal creditore – in ordine all’inefficacia del primo decreto ingiuntivo rendeva manifesta l’insussistenza di un interesse giuridicamente rilevante del debitore a proporre un’ordinaria opposizione, a differenza di quanto sarebbe accaduto se si fosse trattato di una notificazione tardiva, nel quale caso il debitore avrebbe potuto proporre opposizione sia ai sensi dell’art. 645 c.p.c., sia ai sensi dell’art. 650 c.p.c.

Tuttavia, in assenza di una tale attività posta concretamente in essere dal creditore, la sua prospettazione in termini puramente ipotetici ed eventuali per giustificare l’ammissibilità dell’opposizione, in alternativa al ricorso ex art. 188 disp. att. c.p.c., tradiva un interesse che, lungi dall’essere concreto e attuale, si configurava come meramente potenziale e, come tale, inidoneo a integrare la condizione dell’azione prescritta dall’art. 100 c.p.c.

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