Il poliziotto che ha infiltrato Potere al Popolo per 10 mesi appartiene alla Direzione centrale della polizia di prevenzione, cioè l’antiterrorismo. Non era vero dunque, come fatto filtrare dalle forze dell’ordine dopo la denuncia del portavoce nazionale,. Giuliano Granato, che non esisteva una autorizzazione dell’autorità giudiziaria relativa ad una attività di spionaggio verso Potere al popolo e che l’agente non fosse sotto copertura.
Pap ha trovato nuovi documenti ufficiali del ministero dell’Interno dai quali emergerebbe “un quadro sempre più chiaro e inquietante: poliziotto, classe 2004, entra in servizio a fine 2023. Viene assegnato alla Questura di Milano, dove aveva lavorato anche il padre, pure lui poliziotto. Dalla Questura di Milano è stato poi trasferito alla Direzione centrale polizia di prevenzione, sezione operazioni interne. L’agente appartiene quindi all’antiterrorismo, la cosiddetta “polizia politica” come viene definita dallo stesso Ministero dell’Interno sul proprio sito istituzionale”.
Di conseguenza Pap chiede “se sia credibile che un agente incardinato presso la Direzione Centrale dell’antiterrorismo possa aver seguito per 10 mesi tutte le attività, partecipando assiduamente ad ogni iniziativa, intervenendo al megafono durante le manifestazioni senza avere un mandato preciso da parte dei suoi superiori”. E insiste: “se l’agente era in servizio presso la Direzione centrale della polizia di prevenzione, che ha sede a Roma a via Tuscolana come poteva trascorrere così tanto tempo a Napoli senza aver ricevuto un ordine di servizio specifico? In quali ore ed in quali giorni il poliziotto avrebbe svolto la sua attività lavorativa? Come è possibile che un agente dell’antiterrorismo possa aver impiegato una attività così assidua di frequentazione del partito, senza aver ricevuto un ordine preciso?”.
A far insospettire i militanti erano state, infatti, anche le assenze del giovane nel fine settimana. “La sua sembrava proprio una settimana lavorativa classica – raccontano- solo in occasioni di iniziative politiche importanti rimaneva a Napoli, per poi subito ripartire una volta terminate”. “Tutto ciò non è democrazia, ma attività di regime. Non è l’attacco a uno specifico partito politico, ma alle fondamenta di uno Stato democratico e di diritto. Questo colpisce tutte e tutti noi”, hanno scritto da Pap che denunciano di non aver ricevuto nessuna spiegazione, “se non flebili dichiarazioni che fanno acqua da tutte le parti”.
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