Merz bocciato: chi ha votato contro? Caccia agli scontenti di Spd e Cdu | Corriere.it


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Merz's Failed Chancellorship Bid

Friedrich Merz's candidacy for Chancellor of Germany failed due to a shortage of 18 votes. The article investigates the potential sources of these missing votes, focusing on the SPD and CDU parties.

Suspicions and Allegations

Initial suspicions point towards discontent within the SPD, particularly among those overlooked during recent leadership changes. However, the SPD denies responsibility. The article also considers potential dissent within the CDU, suggesting possible factions wanting closer ties with the AfD or those unhappy with Merz's cabinet selections.

Possible Explanations

  • SPD Discontent: The article mentions potential dissatisfaction among veteran SPD members not appointed to ministerial roles.
  • CDU Internal Divisions: A possible faction within the CDU seeking closer ties with the AfD is suggested, though this is considered a less likely explanation.
  • CDU Ministerial Appointments: The limited number of CDU members appointed to ministerial positions might have caused resentment within the party.

The article concludes that multiple factors likely contributed to Merz's shortfall, possibly a combination of unforeseen dissent and strategic maneuvering. Despite the setback, Merz may still have a chance in subsequent voting rounds, requiring a simple majority to secure his election. The incident highlights potential internal party divisions and challenges to leadership within German politics.

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di Mara Gergolet corrispondente da Berlino

I socialdemocratici i primi sospettati. Ma anche nel partito di maggioranza c'è chi vorrebbe «aprire» all'AfD o è scontento della distribuzione dei ministeri

E dunque, chi è stato, chi ha tradito? Da dove arrivano i franchi tiratori che hanno affossato Friedrich Merz? I primi sospetti portano alla Spd: è questa la voce più accreditata al primo piano del Parlamento tedesco, dove si mischiano la stampa e gli esponenti mandati dai partiti. Senonché, la stessa voce viene smentita con veemenza dalla Spd, e alla domanda del Corriere, «ma queste defezioni vengono chiaramente, probabilmente dalla SPD», Ralph Stegner, l’uomo che parla a nome dei socialdemocratici, si inalbera, quasi si arrabbia: «No, non vengono dalla SPD, chiaramente non siamo stati noi».

Il ragionamento di partenza è questo: ci sono molti insoddisfatti nella SPD, la vecchia guardia che non è stata confermata, personaggi come l’ex copresidente Saskia Esken, che voleva in ogni modo una poltrona, mentre Lars Klingbeil, il nuovo potente capo socialdemocratico, li ha fatti fuori e ha promosso volti nuovi. Anche gli Jusos, l’ala dei giovani, avevano annunciato pubblicamente settimane fa che avrebbero votato contro il contratto di governo nel referendum interno. Però, secondo Stegner, poi a giochi fatti è subentrata la lealtà, la disciplina di partito. Queste cose, racconta Stegner, si capiscono, «non era assolutamente questo il clima nel nostro gruppo stamattina: quando ci si guarda in faccia e ci si conosce, si capisce cosa pensano gli altri, e posso assicurare che da noi stamattina si respirava un’altra aria». «Chi è da tanto tempo nella politica, queste cose le coglie». Il partito è responsabile, dice Stegner, «abbiamo la percezione della responsabilità, conosciamo la posta in gioco, l’alternativa è un governo con l’AfD: la SPD è un partito che ragiona così, e fa la sua parte», questo lui lo garantisce.

A Merz sono mancati 18 voti. Tanti. Se non è la SPD — che però resta l’indiziata numero uno — allora bisogna guardare in casa CDU. E allora, è stata l’ala di Jens Spahn, la destra della CDU, quella che vorrebbe avere rapporti «normali» con l’AfD, collaborare con loro? Pensare a un colpo di mano — affossare Merz per aprire ad Alternative für Deutschland pochi giorni dopo che è stata definita «partito chiaramente estremista» — è fantapolitica, l’ipotesi dell’irrealtà: impossibile nei fatti, perché la grande maggioranza degli eletti CDU non lo voterebbe. Però magari è un segnale.

L’altra fronda nella CDU potrebbe essere quella degli scontenti. Merz ha concesso tanto alla SPD, ma alla fine ha anche portato pochi della CDU al governo: tanta attesa del potere, e poi i 7 posti che spettano alla CDU (mentre il bavarese Markus Söder ha fatto l’en-plein, 3 ministri e esattamente quelli che voleva), Merz li ha riempiti in buona parte con «tecnici». Come Katharina Reiche, una manager, CEO di un grande gruppo energetico al ministero chiave dell’Economia; e perfino un indipendente, non iscritto al partito, il giornalista Wolfram Weimer alla Cultura. Può essere l’altra pista.

Certo, nessuno ai vertici della Grande Coalizione si aspettava questo risultato. Come tuonò il furioso Romano Prodi all’epoca dei «101», affossato dal fuoco amico, chiamando dal Mali l’ignaro Bersani incapace di garantirgli i voti: «Così controllate il partito»? Chi dei due, Lars Klingbeil o Friedrich Merz (o lo stesso Spahn, messo a capogruppo Cdu al Bundestag proprio per sedare l’ala destra), non è stato in grado di gestire le proprie truppe?

Può anche essere che si siano sommati più fattori, che abbiano confluito, ignari gli uni degli altri, più gruppi. Certo, 18 voti che mancano sono tanti: non si tratta di singoli nemici di Merz, ma di frange che si sono messe d’accordo. Può essere che nelle intenzioni fosse solo un segnale a Merz, un altolà per rovinargli un poco la festa — farlo passare di pochi voti, penando, tra defezioni e senza gloria — e dirgli che non avrà mano libera. Un messaggio che poi è sfuggito di mano ai ribelli, andato oltre le intenzioni. I partiti si sono ritirati, c’è da fare una nuova strategia. Il secondo scrutinio è ancora a maggioranza assoluta, il terzo a maggioranza relativa: diventa cancelliere semplicemente chi ottiene un voto in più. Basterebbe quello per eleggere Friedrich Merz. Forse si rimedierà in fretta, ma non c’è dubbio che Merz esce da questo debutto pesantemente ammaccato, politicamente danneggiato.

6 maggio 2025 ( modifica il 6 maggio 2025 | 14:34)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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